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Maria Luisa Minarelli: La storia, l’arte e l’amore per i libri

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di Francesca Ghezzani

Giornalista e scrittrice da oltre 300 mila copie vendute, Maria Luisa Minarelli è nata a Bologna dove si è laureata in Storia. Ha collaborato con periodici come “Storia illustrata e Historia” e si è occupata di salute, bellezza e turismo. Nel 1989 ha scritto “Donne di denari” (Olivares), un saggio sull’imprenditorialità femminile attraverso i secoli, anche tradotto in Germania. 

Ha pubblicato “Un cuore oscuro”, “Delitto in Strada Maggiore”, “La veggente di via de’ Toschi” e la fortunata serie con protagonista l’avogadore Marco Pisani (“Scarlatto veneziano”, “Oro veneziano”, “Sipario veneziano”, “Crociata veneziana”, “Biondo veneziano” e “Oriente veneziano”), tradotta in Francia, Spagna e Gran Bretagna, nonché il suo spin-off “La congiura dei veleni”, ambientato nella Roma di papa Lambertini. 

È tornata di recente in libreria con il romanzo giallo noir “L’ultima canzone all’Eden” per la casa editrice Indomitus Publishing.

Maria Luisa, non ti fermi mai come scrittrice e sei una divoratrice di libri che leggi soprattutto di notte, vero?

“Tra me e i libri c’è una vecchia storia d’amore, che risale a quando, appena adolescente, saccheggiavo le biblioteche di Bologna. Ho letto troppo presto i grandi classici e i pilastri della narrativa, col risultato che in seguito ho dovuto riprenderli in mano, e anche oggi le riletture si affiancano alla curiosa esplorazione delle novità. Di recente per esempio ho riletto La storia della Morante e ‘Una tragedia americana’ di Dreiser, e mi aspettano Oliver Twist di Dickens e ‘Il paradiso perduto’ di Milton oltre a ‘La teoria del tutto’ di Stephen Hawking. Seguo i giallisti contemporanei che leggo in ebook comodamente sdraiata a letto fino a tarda notte. Tra gli italiani ammiro Loriano Macchiavelli, bolognese come me, Maurizio De Giovanni, Leonardo Gori, Lucarelli, Marco Vichi. Ho scoperto di recente Joël Dicker”.

Come ti viene l’ispirazione per una nuova storia o un nuovo personaggio?

“Vorrei avere il tempo per approfondire tutte le storie che mi vengono in mente. Talvolta mi capita di imbattermi in situazioni che mi intrigano, per esempio, ‘Delitto in Strada Maggiore’ è nato dalla descrizione del palazzo dove avvenne il delitto Murri, mentre ne ‘La veggente’ mi incuriosiva esplorare la passione per il paranormale tipica degli anni Trenta. I personaggi vengono di conseguenza e alcuni si ridefiniscono da un romanzo all’altro, come sta avvenendo per Luisa Pietramellara. Tutti però, anche quelli secondari, hanno alle spalle una loro storia”.

Mentre scrivi da cosa o chi ami farti circondare? 

“La scrittura sviluppa il mio lato ossessivo compulsivo, nel senso che intorno a me deve regnare il silenzio e l’ordine più assoluto. Basta un libro spostato nella libreria per distrarmi. Godo del privilegio di un ampio studio tutto mio e di una scrivania che semino con i libri e gli appunti che sto utilizzando, oltre (si può dire?) alle sigarette, fonte di relax e ispirazione. A buttare all’aria le mie cose è ammesso solo il mio micione Theo, al quale è permessa anche una passeggiatina sulla tastiera del mio Mac”.

Veniamo al tuo ultimo libro “L’ultima canzone all’Eden”: ci troviamo a Bologna, nel maggio del 1938. Ottavia De Angelis, cantante e diva del palcoscenico, è bella, generosa e innamorata, eppure c’è chi la odia. Tocca al maresciallo Vittorio Righi cercare di far luce sulla sua sorte. Nei giorni della visita di Hitler in Italia comincia l’indagine più difficile che abbia mai affrontato, condotta negli ambienti dell’alta società bolognese resi intoccabili dalla protezione delle autorità… Nei tuoi romanzi la storia di fantasia si intreccia sempre con le vicende storiche del periodo e ne illumina un aspetto. In questo caso in fase di ricerche sei stata colpita dalla figura di papa Pio XI Ratti. Ce lo fai da conoscere più da vicino? 

“Quando mi resi conto che nei giorni della visita di Hitler in Italia il papa aveva fatto chiudere musei e basilica e si era ritirato a Castel Gandolfo, volli approfondirne la figura. Papa Ratti era uomo dalle molte sfaccettature. Tre lauree, innamorato dei libri, era anche un ardito alpinista e seguiva con interesse i progressi della scienza, al punto che incaricò Guglielmo Marconi di organizzare la Radio Vaticana. Diplomatico con lo sguardo rivolto al futuro, fu il papa dei Patti Lateranensi che riaprirono la Chiesa al mondo dopo il dorato esilio imposto da Pio IX. Vissuto in tempi drammatici, ne subì le contraddizioni, ma lottò per riportare la Chiesa all’antica autorità spirituale. Fu uno dei primi ad accorgersi delle storture morali del fascismo e a rendersi conto che il nazismo, col suo culto pagano del Capo e le teorie della razza eletta era un pericolo più immediato del comunismo russo e condannò senza reticenze le leggi razziali. Dalla scoperta della rete di spie che aveva organizzato a protezione dei cattolici perseguitati in Germania è nata l’idea del ‘L’ultima canzone’”.

Mi piacerebbe, se ti va, fare un parallelismo con un altro tuo libro pubblicato sempre da Indomitus Publishing: “Oriente veneziano”. Qui non troviamo Bologna, tua città d’origine, bensì Venezia, che ami molto, e poi un salto indietro dagli anni ’30 al Settecento…

“Nella serie ambientata a Bologna dispiego il mio interesse per la storia mentre nei romanzi veneziani, che portano i lettori nei palazzi, nelle chiese, nei teatri, a zonzo per le calli e nelle isole della laguna, ho dato libera manifestazione all’altra mia grande passione, l’arte. Ho avuto la fortuna durante il mio percorso scolastico di incontrare insegnanti che mi hanno regalato il privilegio di comprendere le opere d’arte e lasciarmi trasportare. E nessun luogo come Venezia permette di librarsi in un’altra dimensione”.

Tra i due personaggi, il maresciallo dei Carabinieri Vittorio Righi e l’avogadore Marco Pisani, magistrato incaricato di istruire i processi penali e di fare indagini, troviamo dei punti di incontro?

“Righi e Pisani, con dovuti distinguo derivanti dai diversi periodi storici, sono la stessa persona. Uguale l’amore per la verità, la passione per il lavoro, ma anche l’umanità che fa loro talvolta sovrapporre la giustizia del cuore a quella istituzionale”.

In chiusura, c’è un periodo storico fin qui mai trattato che ti sta “chiamando”? 

“Eccome se c’è, e mi chiama, ma non so se avrò mai il tempo di rispondere. Si tratta del Risorgimento, periodo oggi poco studiato, ma dalle infinite possibilità di sviluppi narrativi”.

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