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Mauro Pedretti: Si guarda oltre l’aspetto esteriore e si va alla scoperta di gente comune ma speciale

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di Silvia Giansanti

“Non è l’aspetto esteriore a classificare una persona, rimango un uomo normale con i piedi per terra, capace di viversi gli attimi e le esperienze che possono portare qualcosa di buono. Sono uno che vive per la sua famiglia”. Il giovanotto in questione si chiama Mauro Pedretti, ha 34 anni ed è nato in provincia di Novara. Già all’età di sette anni ha iniziato a praticare il gioco del calcio di cui è fortemente appassionato, tanto da farne un lavoro vero e proprio nel momento in cui è diventato maggiorenne. Oggi svolge altro e ha una marea di tatuaggi sul corpo.

Mauro, dove hai avuto la possibilità di giocare?

“Sono arrivato in serie D, ma poi per una serie di situazioni e di scelte la mia strada è terminata molto presto”.

Sei rimasto nel campo sportivo?

“No, ho iniziato a lavorare come sicurezza all’Esselunga, dove sono rimasto per circa cinque anni. Successivamente sono passato a fare il magazziniere e nel frattempo lavoravo come buttafuori per alcuni locali di Milano. Questo secondo lavoro mi ha aiutato molto, soprattutto quando l’azienda per cui prestavo servizio, ha licenziato tutti. E’ stato una sorta di jolly della mia vita”.

Che tipo di persona ti ritieni?

Non mi ritengo una persona comune, ma non perché sono pazzo, semplicemente perché ho una grande passione che non a tutti può piacere, quella del tatuaggio ad esempio. Infatti il mio tatuatore è felice quando lo chiamo per fissare un nuovo appuntamento”.

Quando hai fatto il tuo primo tatuaggio?

“A sedici anni e ricordo ancora quel giorno. Ero con mia mamma e ho fatto incidere una specie di tribale. Ero attratto da quel tipo di disegno. Nel corso degli anni li ho aumentati fino ad arrivare a quelli più significativi ed importanti, che sono quelli dei miei due figli, di mia moglie e di mio fratello”.

Come ha preso questa cosa tua moglie?

“Ha perso le speranze”.

Hai fatto qualche follia?

“Un giorno ho deciso di tatuarmi la faccia di pinocchio in una zona particolare. Ogni tanto è costretto a dire una bugia ed ecco che si allunga il naso!”.

Ma tornado al lavoro di buttafuori, hai qualcosa da raccontare?

“Sì, un giorno ho fatto una bellissima esperienza. Sono stato contattato dal conduttore de ‘Le Iene’, visto che in quel momento cercavano due personaggi particolari. Il mio ruolo era quello di aiutare il conduttore a portare a termine gli scherzi ai vip con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, dopo aver preso loro il telefono allo scopo di mandare una serie di messaggi simpatici a tutta la rubrica. Il mio compito era quello di bloccare il personaggio famoso con dello scotch, legandolo ad una sedia. Poverini”.

Parliamo invece di qualche aspetto del tuo lavoro.

“Il mio lavoro da buttafuori non è facile, però è sempre una continua sfida. Per mantenere l’autocontrollo in determinati momenti ce ne vuole. Se non sei bravo a gestire le emozioni è un disastro. Immagina figli di papà che si presentano già brilli fuori dal locale e che vogliono picchiarti perché non li fai entrare. Noi tatuati siamo giudicati male, invece la gente dovrebbe imparare a guardare oltre l’aspetto”.

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