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Tiberio Timperi: L’uomo della tv nato davanti al microfono della radio

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di Silvia Giansanti

Probabilmente non tutti sanno che Tiberio Timperi di base è un radiofonico, anzi diciamo pure che è uno dei conduttori radio più preparati. La sua avventura partì da Cesenatico, dove si trovava in vacanza e il suo primo amore fu proprio il mezzo radiofonico. Per arrivare in seguito alla conduzione di importanti programmi tv, è stato un gioco da ragazzi, poiché chi ha la radio dentro come bagaglio di esperienze, può fare davvero tutto. I problemi nascono al contrario. I tempi e i meccanismi della radio sono un mondo a parte. Bisogna vivere certe esperienze per capire fino in fondo. Il fatto che ultimamente, solo per cavalcare una moda, molti personaggi televisivi sono stati catapultati nei palinsesti delle radio, non è stata una buona idea.

Tiberio, cosa rappresenta per te la radio?

“La mia gioventù, è il mio imprinting, è un falsificare la carta di identità. E’ sentirsi vivi nel momento in cui si apre il microfono e si inizia a raccontare”.

Sono diverse le emozioni che provi invece quando sei davanti alla telecamera?

“Completamente. Con la telecamera hai il cameraman, l’ispettore e l’assistente di studio, un mixer audio, un mixer video, un regista, l’assistente alla regia e gli autori. Si contano all’incirca una decina di persone. In radio mi ritrovo da solo davanti ad un microfono. È la dimensione intima che fa la differenza”.

Come iniziò la tua avventura?

“A Cesenatico dove ero in vacanza. La radio era nel sottoscala del bar Duse in viale Roma. L’emittente era del figlio dello storico sindaco di Cesenatico. Per me fu una folgorazione. Avevo trovato la mia strada a neanche quattordici anni”.

Quando lasciasti la radio?

“Verso la fine degli anni ‘80 per poi ritrovarla una decina d’anni dopo. Sono cresciuto con i piatti, il revox ecc. Adesso mi ritrovo con un mouse in mano. Sono passato dall’analogico al digitale. In mezzo, Radio Rai con il tecnico dall’altra parte del vetro. Adesso vado di autoregia. Un salto quantico ma una volta appresi, sono automatismi che tornano spontanei. Mi reputo un radiofonico prestato alla televisione. Chi parte dalla radio può approdare in tv, ma il televisivo che arriva in radio, il più delle volte toppa. La radio scorre nel sangue, o ce l’hai o non ce l’hai”.

I tuoi impegni attuali sia radiofonici che televisivi.

“Dal lunedì al venerdì sono su Rai Due per i Fatti Vostri’, mentre la domenica, per anestetizzare la malinconia che comporta, faccio radio”.

Da quando sei tornato a fare radio su RTR 99?

“Da due anni. Prima c’era stata Radio Due, con Hit Story, quando Carlo Conti era direttore artistico. Adesso ritrovo come editore Fabio Martini che conosco da una vita. Ed è grazie a gente come lui che sopravvivono queste piccole e preziose radio libere. Che hanno un sapore senza tempo”.

Sei anche un ascoltatore?

“Purtroppo sì”.

Perché purtroppo?

“Perché sento alcune cose in giro che non mi piacciono affatto. Le radio fatte con i whatsapp degli ascoltatori. La trasmissione devono farla i conduttori non gli ascoltatori. Servono storie, racconti e buona musica. Le playlist rischiano di allevare conduttori musicalmente ignoranti. E poi che senso hanno annunci e disannunci di 20/30 secondi al massimo? Meglio Spotify che almeno protegge da un bla bla senza senso. Ascolto con piacere Montecarlo Nights, il Ruggito dl Coniglio su Radio Due, Capital Funky, Linus su Dee Jay e Rtr99 dove divido il microfono con radiofonici senza tempo come Andrea Torre, Luciana Biondi e Teo Bellia. In radio non si invecchia: si acquisiscono esperienza e sapore”.

Il tuo conduttore radio preferito?

“Linus in primis. Ma anche Salvatore Calise in onda su Tele Ischia. E Emilio Levi che purtroppo ha appeso il microfono al chiodo: un fuoriclasse. Tra le conduttrici preferite ci sono Antonella Condorelli e Antonella Giampaoli”.

Secondo te i giovani sono innamorati come lo eravamo noi?

“No, affatto e c’è un errore di fondo. Si continua a fare la radio, guardando ai giovani. Ma questi scelgono la rete. Manca una radio per tutti quelli che come noi sono cresciuti con le private e vogliono un po’ di ciccia, non un becero e vacuo giovanilismo con pretese di banale comicità”.

Com’è articolato il programma che conduci attualmente?

“Sono tre ore di flusso, dove racconto, commento, ironizzo sul mondo che ci circonda. Parto con un canovaccio e come nel jazz, vado fuori tema per poi rientrare nello spartito. Seguo l’onda”.

Quale elemento ti manca del passato?

“Il fatto che un po’ ovunque si sia abdicato alla competenza a favore del sapersi vendere. Venni preso a Rai Stereo Uno grazie ad una cassetta portata a Fabio Brasile. Feci poi i provini con Massimiliano Fasan per la Hit Parade. La mia è la generazione che faceva i provini. Purtroppo sono cambiati tempi, modalità e visioni del modo di fare radio. Tanto nel pubblico quanto nel privato. Ormai per trovare qualcosa di diverso e genuino devi buttarti sulle alcune radio macro regionali,  a metà strada tra network nazionali e radio locali. È un vero peccato che a parte Linus, nessuno della vecchia generazione sia riuscito a diventare direttore di una radio nazionale e farla andare come si dovrebbe fare”.

Che ne pensi riguardo all’inserimento dei personaggi televisivi nella radio?

“Come già detto, non funziona. Trovo sia improduttivo e anti economico. Mi farò dei nemici, ma la radio è cosa diversa dalla tv. E bisogna saperla fare. Sei tu, il microfono e l’ascoltatore. Senza le distrazioni della tv dove puoi buttarla anche in caciara. In sostanza, reputo che chi nasce in radio abbia una marcia in più rispetto a chi viene dalla tv”.

Cosa ne pensi della radiovisione?

“Trovo che sia costosa e tolga fantasia, mistero e magia. Una sorta di ufficio complicazione affari semplici”.

Invece per quanto concerne la musica di oggi?

“Salvo poco. Oggi le canzoni hanno la scadenza come lo yogurt. Una volta erano fatte per durare. Oggi governano gli algoritmi che le rendono quasi tutte uguali, corte e con un ritornello che di spontaneo ha ben poco. Altro che Gino Vannelli o Genesis o Battisti che godo a mandare in onda”.

Com’è il tuo rapporto con i social?

“Considero i social un’arma di distrazione di massa. Appartengo alla generazione del gioco e non a quella del telefono. Li uso moderatamente e me ne infischio di like e commenti. Vivrei benissimo anche senza. In alcuni giovani generano ansia, depressione e gesti autolesionistici. Non sono io a dirlo ma autorevoli studiosi. Ma tutti fanno orecchie da mercante. Speriamo ci si metta un freno”.

 

CHI Ḕ TIBERIO TIMPERI

Tiberio Timperi è nato a Roma il 19 ottobre del 1964 sotto il segno della Bilancia. La sua carriera iniziò nel 1977 a Radio Mare Cesenatico. Fu tra gli animatori di uno dei primi network radiofonici nazionali, Radio In e della syndication Top Italia Radio. Tra il 1983 e il 1987 lavorò per Radio Rai ai tempi delle Stereo. Nel 1986 debuttò in televisione alla conduzione del tg dell’emittente romana Tele Regione. In seguito si trasferì su TMC. Nell’emittente monegasca diventò giornalista professionista. Nel 1991 passò a Mediaset. Successivamente, alla carriera giornalistica affiancò quella di conduttore di trasmissioni di intrattenimento. In seguito tornò in Rai, stavolta in tv per condurre programmi di successo come “Mezzogiorno in famiglia” e “Mattina in famiglia”, oltre a tante altre importanti collaborazioni. Ha partecipato inoltre come protagonista di una puntata nella serie televisiva ”La squadra” e “Un posto al sole”. Nel ruolo di se stesso invece in ”Un medico in famiglia”. Nel 2004 ha scritto il libro “Ci avete fatto caso?” per la Eri. Nel 2008 “Amarsi sempre! Sposarsi?” edito dalla Armando Curcio Editore. Due anni dopo, per la Longanesi, è arrivato il romanzo “Nei tuoi occhi di bambino”. Nel 2009 ha condotto, “Il lotto alle otto” insieme a Stefania Orlando. Ha continuato a condurre sempre per la Rai numerosi programmi tv, tra cui “I Fatti Vostri”, in cui lavora attualmente. E’ tornato a farsi sentire in radio da ben due anni sull’emittente RTR 99. La sua ultima esperienza radiofonica risale su Radio Due ai tempi della direzione artistica di Carlo Conti.

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