di Antonio Desiderio
E’ scenografo e costumista tra i più apprezzati in assoluto. Lui è Flavio Arbetti e lo conosciamo meglio attraverso questa intervista.
Flavio da dove nasce la tua passione per la scenografia?
“Dove nasce la mia passione per la scenografa è un salto nel tempo quello che mi chiedi di fare. Quando ero giovane comparsa all’Arena di Verona rimanevo sempre dopo le prove, incuriosito dal lavoro dei tecnici che allestivano le scene e questo rapiva la mia attenzione e mi proiettava in un mondo dal quale non avrei mai voluto uscire”.
Qual è stato il tuo primo lavoro importante?
“Il mio primo lavoro è in realtà quello che sto facendo, perché tutti i lavori per me sono importanti e non ce n’è uno che non sento mio e che non mi appassioni follemente. Mi escono da dentro, ho fatto il liceo artistico e tutto ciò che è creativo mi affascina tantissimo”.
Una produzione rimasta nel cuore?
“Così come la produzione che mi è rimasta nel cuore è difficile riuscire a spiegare quello che sento e quello che provo perché ogni mia creazione è frutto di me, della mia testa, del mio cuore, dei miei sentimenti. Quindi non è nemmeno pensabile per me avere a cuore una produzione anziché un’altra”.
C’è un genere teatrale che più ami e perché?
“Quale genere teatrale amo… tutti! Tutti quelli che stimolano la mia creatività, tutti quelli che mi fanno entrare in un mondo onirico dove riuscire con il mio estro a far entrare altri a leggere il mondo, la storia che sto raccontando come se ci fosse dentro, come se ne facesse parte. Ecco perché la Danza, la Prosa e l’Opera stessa per me sono generi che scaturiscono dalla testa e dal cuore”.
Come è cambiato il lavoro dello scenografo?
“È cambiato nel momento stesso in cui si adatta ai tempi e alla modernità. Una volta era tutto fatto a mano, un progetto fatto su modellini in scala per far capire e comprendere dove muovere i vari personaggi. Oggi è fatto tutto al computer e non dico questo per risparmiare tempo ma aiuta molto a rendersi conto in tempo reale di quello che si vuole, questo a prescindere dalla inventiva dello scenografo”.
Quali sono le tecniche che oggi si incontrano nel tuo lavoro?
“Le tecniche di lavoro si sono adattate anche loro come il lavoro stesso dello scenografo, dei registi, dei direttori d’orchestra e di altre maestranze. Si sono adattate al corso dei tempi moderni, ci sono carrelli elevai, nuovi impianti di illuminazione, motori che fanno muovere elementi scenici grandi e piccoli direttamente governati dal computer con infinite possibilità e soluzioni”.
Progetti futuri?
“È il futuro stesso a riuscire a rendere il mio lavoro di artista talmente affascinante, talmente bello e irresistibile da poter trasmettere con quel che sono, con quel che ho, con quel che ho fatto alle giovani generazioni i valori di un passato di un’Arte che si perde nella notte dei tempi e che è sempre stata parte fondante dell’essere stesso dell’uomo che vuole urlare la bellezza dell’esserci, la bellezza della fantasia e del genio umano. Tutto quanto comporta questo per me è il futuro!”.
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