di Silvia Giansanti
Uno dei migliori registi di Radio Rai e un grande esperto del mezzo radiofonico. E’ stato anche scopritore di alcune voci divenute importanti. Di sua fondazione la Lolli Radio sul web
Scambiare qualche parola con Marco Lolli non può che arricchire il bagaglio di chi nutre un profondo amore per la radio. Smuove anche un sentimento di nostalgia nel ricordare aneddoti e situazioni che non esistono più e che hanno segnato un’epoca pionieristica del mezzo. Marco da anni lavora dietro le quinte, ma da ragazzo ha provato anche lui il brivido di andare dietro ad un microfono accanto a Elena Blasi. Attualmente è regista su Rai Radio 2 e gestisce RTR 99.
Marco, com’è avvenuto il tuo approccio con il mondo della radio?
“In casa c’erano tante radio, visto che negli anni ’70 mio padre era un appassionato di hi-fi. Fin da piccolo sono stato abituato ad ascoltare solo la radio, prima dell’avvento delle private, quando esisteva solo la Rai e Radio Montecarlo. Nel ’75 le prime radio private, nacquero praticamente nella mia zona, la Balduina. Mi definisco uno storico di quell’epoca poiché ricordo perfettamente cosa andava in onda e le varie frequenze. Partecipai ai quiz, ai concorsi e, quando vinsi un premio, mio padre mi accompagnò in una radio per ritirarlo. Si trattava di GBR che era situata al settimo piano dell’Hotel Hilton. Nel frattempo iniziava le trasmissioni come televisione. Incuriosito dal mondo radiofonico, mi recai a vedere come si svolgeva il lavoro in una radio”.
Cosa ti ha portato ciò?
“Ad andare in onda accanto alla speaker di allora Elena Blasi. Il primo intervento fu un disastro perché a nove anni parlavo a monosillabi. Nel secondo intervento invece, dopo essere stato redarguito dalla conduttrice stessa, andò molto meglio. Imparai subito la lezione; via la timidezza e guai a lasciare i buchi durante il parlato”.
Da quel momento non hai più smesso.
“Esattamente. Nel 1981, la radio si era trasferita a via Trionfale sotto un’altra proprietà. Mi offrirono il posto da fonico. Dopodiché ho alternato la regia allo ‘speakeraggio’ anche in altre situazioni”.
Qual è stata una delle prime esperienze più formative?
“Radio Serena, arrivata nel 1985 e durata per dieci anni. Era posizionata a fianco alla Rai in via Cantore, e questo dava modo di reperire con più facilità i personaggi ospiti. Qui ho avuto l’opportunità di gestire la radio e di coordinarla, seppur tra tante difficoltà che ho dovuto tenere a bada. Ho lavorato a 360 gradi e ho un bel bagaglio di quell’esperienza”.
Cosa è accaduto dopo?
“Dopo Radio Serena feci più esperienze. Lavoravo in tre posti contemporaneamente. Uno di questi luoghi, dove sono rimasto per tre anni, è stata Talk Radio. Ebbi l’idea di costituire una radio solo di giovani che seguivano i corsi di giornalismo di Michele Plastino. C’erano dei personaggi che valeva la pena mettere alla prova. Senza esagerare, ne saranno usciti almeno una cinquantina. Chi è al Tg2, chi a Sky, chi a La Sette, chi a Mediaset. Chi ha spiccato il volo, tra quei ventenni di allora, è stato il Trio Medusa. Talk Radio è stata una scuola pazzesca. Oggi vedo in tv questi ex ragazzi, oramai divenuti cinquantenni. Mi fa piacere aver lasciato un bel segno”.
Cosa ne pensi dei giovani d’oggi?
“C’è da dire che all’epoca i ventenni erano davvero appassionati alla radio, al contrario di oggi dove c’è interesse più per i social”.
Quando è arrivata la Rai nella tua vita professionale?
“Nel 1991. Barbara Condorelli mi disse che stavano cercando un regista e che io potevo essere la persona giusta. Feci il colloquio con il direttore dell’epoca, Eodele Bellisario, il quale mi mise alla prova per vedere se volessi veramente il posto da regista e che non usassi qualche escamotage per passare davanti al microfono. Volevo davvero lavorare dietro le quinte! E andò anche questa”.
A quali programmi hai partecipato in questa veste?
“Credo di aver fatto la regia a programmi di rilievo come ‘Viva Radio 2’ con Fiorello e Baldini, da undici anni ‘Radio 2 Social Club’ con Luca Barbarossa ed Ema Stokholma. Attualmente lavoro per il programma di Serena Bortone. Di cose e di personaggi ne ho visti parecchi”.
Quali sono stati i più curiosi?
“Uno su tutti, Tiberio Timperi. So che non potrebbe sembrare, ma nel privato lo conosco benissimo. E’ solo serio, preparato e scrupoloso davanti alle telecamere. Poi non dimentichiamoci di un altro numero uno come Rosario Fiorello. Lo conosco come le mie tasche visto che lavoriamo insieme da ventiquattro anni. E’ capace di regalarci degli show meravigliosi anche nei momenti difficili”.
Hai mai pensato di scrivere un libro da buon esperto quale sei?
“Odio le autocelebrazioni e in questo momento molti stanno pubblicando libri sulla radio, peccato che siano dozzinali e pieni di errori storici. Ho la memoria e ho vissuto talmente tante situazioni da avere parecchio materiale che altri invece non hanno. Sto dando una mano allo storico Massimo Emanuelli per la stesura del suo nuovo volume sulla radio. Non voglio scrivere un libro ma mi piace guardare avanti”.
A proposito di futuro, come vedi quello della radiofonia?
“Sarà sempre un bel futuro, nel senso che la radio è sopravvissuta a tutti i cambi tecnologici, artistici e legislativi, per cui non morirà mai, al contrario della tv, specie quella privata. Il problema è che siamo in un momento di transizione, dove nel frattempo sono aumentate le modalità di fruizione ma sono aumentati anche i costi. Di fatto la radiofonia, pur essendo in grande fase di sviluppo, è in grande crisi aziendale. Sono impegnato dal punto di vista gestionale con RTR 99 e mi rendo conto del momento molto complicato dove non so prevedere quello che accadrà nei prossimi cinque anni. Tutti parlano del DAB, ma ancora è presto per il definitivo sviluppo. E’ un futuro ancora da scrivere, ma i prossimi tre anni saranno decisivi”.