di Marisa Iacopino
La pioggia sodale di incontri, alleata di addii, lavacro di dolore, rumore bianco che smorza gli strepiti del vivere. E ancora, melodia liquida che terge, che picchietta tra i pertugi della felicità o danza monotona nei giorni più cupi, quando cadenza il rifiuto. Tante le emozioni, i sentimenti versati in stille di pioggia. Nel suo cadere dolce o impetuoso offre uno scenario emotivo incessante, si fa accordo emozionale che partecipa al narrato di questi racconti.
E’ in tutto ciò ‘il senso di Roberta Martinozzi per la pioggia’, scrosci violenti o flussi lievi dall’anima dei protagonisti.
Abbiamo incontrato l’autrice che ci ha parlato del suo libro d’esordio: “E la pioggia c’è sempre” uscito nel 2024 per L’occhio di Horus.
La pioggia, fil-rouge che veicola le emozioni. Ti è accaduto in modo consapevole di inserire in ogni racconto questa condizione atmosferica, mentre scrivevi?
“Direi del tutto inconsapevolmente. Solo in seguito mi sono accorta che era un motivo ricorrente, e mi sono chiesta il perché, giungendo alla conclusione che l’effetto ‘pioggia’ agisce su di me in modo catartico. Una sorta di purificazione, ma anche un modo per scavare nell’inconscio dei miei personaggi affinché l’animo ne esca allo scoperto”.
La tua penna ha un tratto intenso, quasi un diluvio al pari della pioggia che forse invochi. Sembri abbracciare i personaggi con dolore sapienziale. Tra di loro, molte donne…
“E’ come se la scelta nascesse proprio dalle donne, dal loro desiderio di “scoprirsi”, dopo avere subìto prevaricazioni. Ne consegue il bisogno di ognuna di loro di calare la maschera indossata senza averne preso coscienza fino a quel momento”.
In uno dei racconti, sembra chiudersi per sempre l’amore incondizionato di una bambina per suo padre. C’è dentro gelosia, rabbia, solidarietà nei confronti di esseri altri dall’umano. E poi un senso di solitudine che imprigiona, in un crescendo d’ingiustizia. Hai tratto ispirazione da esperienze vissute?
“Sì, direi che si tratta di un racconto autobiografico. È l’inizio di quella chiusura col proprio genitore che negli anni poteva mutare, o per lo meno sperare che questo accadesse. Il ricordo indelebile di quel giorno ha definitamente cristallizzato l’amore sconsiderato di una bambina le cui aspettative sono fallite. Da allora ne sono scaturiti sentimenti di gelosia, frustrazione, senso di inadeguatezza. E l’amore è virato verso esseri non umani che ti venerano senza chiedere nulla in cambio se non il semplice accudimento. Nel mio caso, penso di non poter vivere senza un cane accanto. Cito la frase di un film che mi ha colpito molto: ‘I cani hanno bellezza senza vanità, senza insolenza, coraggio senza ferocia e tutte le virtù che hanno gli umani senza i loro vizi. Solo un difetto: si fidano degli umani’”.
Ancora un racconto che si snocciola al ritmo dell’equivoco, del coup de théâtre, per poi rivelarci del grande amore generato. Senza menzionare il titolo: è nato così il tuo amore per la lettura?
“Sì, è nato proprio così, in profonda solitudine. Il mondo che allora mi circondava non era stimolante. L’unico modo per evadere era tenere un libro in mano”.
Uno dei temi ricorrenti è l’amore. Possiamo leggere in questa raccolta la biografia di ogni essere umano che ha creduto nell’amore, l’ha cercato invano e, pure temendo che non possa accadere, non riesce a smettere di inseguirlo?
“Penso sia veramente la biografia di ognuno di noi che rincorre per tutta la vita “l’idea” dell’amore. Credo che l’amore in senso assoluto vada ricercato prima di tutto in noi stessi, che sia una corsa vana quella di cercarlo prima nell’altro. Una corsa senza traguardo”.
La scrittura ha un potere taumaturgico: toglie le concrezioni dell’anima e libera, dando comprensione al passato, smuovendo antiche sofferenze. Peraltro, tu sei un’insegnante. La platea di giovani ti è stata di riferimento per esplorare il carattere umano in erba?
“Ho scoperto me stessa molto tardi, e grazie anche ai tanti giovani che per quaranta anni hanno fatto parte della mia vita. Solo col tempo ho capito quanto i rapporti creati con ognuno di loro mi abbiano arricchito. Ho amato molto il mio lavoro e mi manca tantissimo. Solo tra le mura di un’aula mi sentivo me stessa. Una volta aperta la porta della classe per uscire, tornavo inconsciamente a indossare la solita maschera”.
C’è uno scrittore che ti ha particolarmente influenzato?
“Sono tanti e non saprei se sono stata veramente influenzata. Posso dire che da piccola mi chiudevo nella biblioteca di mio padre e, senza capirci nulla, leggevo l’Inferno della Divina Commedia. Forse la scoperta di tutti i vizi umani mi è rimasta dentro. Peraltro, è la prima volta che ci rifletto. Col passare del tempo e gli studi, sono rimasta affascinata dai racconti di Edgar Allan Poe. Quelle atmosfere misteriose e tenebrose mi spinsero a scrivere noir. Dai miei vent’anni, Faulkner è stato il mio preferito. Di sicuro, tutto ciò a cui ti accosti nella lettura ti lascia dentro qualcosa”.
Progetti per il futuro?
“Ho in mente un racconto breve su un personaggio dimenticato dalla storia che mi ha colpito per la sua forza interiore. Sarà imperniato sulle vicissitudini, sul suo dolore e un amore incondizionato della vita che ne ha influenzato le scelte fino alla fine dell’esistenza. Ma non aggiungo altro!”.