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Storie di Radio – Ettore Andenna: “Tutto ebbe inizio grazie a Noel Coutisson e a Radio Montecarlo”

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di Silvia Giansanti –

E’ una firma della radio, della tv e del giornalismo che non si può dimenticare. Oggi ha più di settant’anni e tanta nostalgia del mezzo radiofonico. Ha un primato in tv, è l’unico al mondo ad aver condotto 103 puntate di “Giochi senza Frontiere”

Che piacere ritrovare Ettore Andenna, uno tosto, come si direbbe, che ha fatto la storia della radio e della televisione con programmi come “Giochi senza Frontiere”, “Giochi sotto l’albero” e tanti altri. E’ davvero affascinante andare a scavare nel passato per incontrare a distanza di tanto tempo, professionisti che hanno dato il via a nuovi capitoli. E’ partito tutto da Radio Montecarlo, in quegli anni in cui mamma Rai la faceva da padrona e stavano per nascere le prime radio private. Tempi irripetibili.

Ettore, com’è avvenuto il tuo aggancio con la radio?

“Noel Coutisson, noto genio della radio degli anni ’50 e ’60, venne a Milano poiché stava cercando voci nuove italiane, in quanto pensava di aumentare le ore della trasmissione italo-francese su Radio Montecarlo. Si presentò all’Accademia dei Filodrammatci che stavo frequentando con lo scopo di fare avviamento alla regia. Così Noel fece sostenere un provino alle voci maschili presenti, facendoci fare dei brevi annunci. Dopo circa venti giorni ricevetti una telefonata che mi invitò ad andare a Radio Montecarlo per un provino più approfondito. Così mi recai in sede e tutto partì da quel momento”.

Quando è arrivata la televisione?

“Dopo la radio. Mio zio era Felice Chiusano del Quartetto Cetra. Fu lui che mi spinse a fare televisione e mi portò a fare un provino a Milano. Stiamo parlando dell’aprile del 1972. Quattro mesi dopo arrivò la chiamata per ‘La tv dei ragazzi’. Dopo qualche tempo mi sono ritrovato ad essere quello che ha condotto più puntate al mondo dei ‘Giochi senza Frontiere’, ben 103”.

Hai qualche aneddoto da raccontarci riguardante la tv?

“Durante le prime trasmissioni televisive, Cino Tortorella, grande maestro, mi riprese in quanto mi insegnò che in tv non dovevo dare spiegazioni, perché si vedeva tutto. Mentre in radio si deve far vivere il momento con un’accurata descrizione. Inoltre mi consigliò di rallentare i ritmi”.

Tornando alla radio, hai ancora in mente come si svolse il tuo debutto radiofonico?

“Ricordo che era il 12 dicembre del 1967, esattamente alle 16 e 45 mi sbatterono in uno studio radiofonico dove non avevo mai messo piede. In onda c’era Barbara Marchand che mi battezzò. Si trovò davanti un bel ragazzo di ventuno anni. Mi fece annunciare un disco. Fu un momento indimenticabile”.

I primi colleghi che ricordi con affetto?

“Oltre all’amicona Barbara Marchand, ricordo Sandra Bianchi, Marika Pitzalis e l’insegnante di lettere di Barbara dell’università. Tra i colleghi uomini, Gigi Salvadori, Roberto Arnaldi, noto come Robertino, e il grande Herbert Pagani. Mentre personaggi come Luisella Berrino e Awanagana sono arrivati dopo. Peccato che qualcuno che ho citato sia scomparso”.

Come proseguì?

“Dopo il mio debutto di quel 12 dicembre, la mattina successiva venni messo in diretta per un paio di ore al giorno. Dopo una settimana, Noel Coutisson con sarcasmo e ironia, disse qualcosa riguardo al mio francese, nonostante l’avessi studiato per otto anni e aver portato letteratura francese alla maturità scientifica. Ero imperfetto, ma nonostante ciò venni buttato in pista. Ho fatto radio fino al 1986. Con Radio Montecarlo ho lavorato fino al 1977 e poi ebbi altre esperienze radiofoniche di carattere sportivo su una syndication”.

Quanto guadagnavi all’epoca a Radio Montecarlo?

“Per un anno e mezzo durante la fine degli anni ’70, arrivavo al venticinque del mese senza più soldi per mangiare. Guadagnavamo la metà dei francesi. Le monetine messe da parte nel barattolo della marmellata, dal venticinque al trentuno del mese, servivano per sostenermi con quelle piccole cose che riuscivo a comprare”.

Hai nostalgia della radio?

“Sì, mi manca più della tv e se qualcuno oggi mi dovesse fare una proposta valida, sarei pronto a rimettermi in gioco. Se la voce non invecchia, la si può fare anche fino a centodue anni. La radio mantiene giovani”.

Perché ti manca più della tv?

“Semplicemente perché la radio è immaginazione”.

Cosa segui attualmente?

“Sul mio smartphone ho programmata una radio americana che trasmette tutti i generi possibili ed immaginabili. La porto sempre con me. E’ fatta di poche chiacchiere e molta musica. Trovo che sia interessante concentrare le emozioni in poche parole come nelle radio di flusso”.

Conduttori radiofonici preferiti?

“Max Venegoni e Kay Rush”.

Possiamo sapere qual è il tuo orientamento musicale?

“Rigorosamente fine anni ’60 e inizio anni ’70. Ascolto rhythm and blues classico e quello che mi dà soddisfazione è che i miei figli ascoltano in macchina la musica di papà”.

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