di Silvia Giansanti
Mai stato scontato o banale al microfono. Francesco ha sempre optato per far vivere emozioni all’ascoltatore
Il nostro entusiasmante viaggio nel tempo prosegue, sempre alla scoperta di quelle voci che hanno dato inizio ad una grande avventura chiamata radiofonia. Francesco Scelta non è più in onda dal 2000 ed è sempre stato in attesa di qualche occasione che lo soddisfi completamente. Non sempre infatti è facile coniugare i propri gusti con le esigenze editoriali, che oggi mirano solo ad un tornaconto fatto di ascolti e di fatturato. Francesco è un personaggio che si definisce non malleabile e dal suo timbro vocale traspare tutta la sua forte personalità. E’ romano di origini siciliane.
Francesco non sei più in onda da ventiquattro anni. Nel frattempo non ti è capitata qualche proposta interessante?
“Sì, ma nulla che mi soddisfacesse su tutta la linea. In tutti questi anni ho diretto un tentativo di rimetter su la vecchia Radio Dimensione Suono. Ci siamo incontrati nell’attico del primo fondatore Roberto Giorgio e senza volerlo avevamo pensato bene, in quanto successivamente è avvenuta una fioritura di radio vintage. L’idea era ottima, ma si sono presentate davanti alcune difficoltà tecniche in fatto di frequenze, ecc. Quindi il progetto non ha avuto seguito”.
Quindi non hai mai abbandonato l’idea di fare radio. Dove hai lavorato nel passato?
“Nell’ordine a Dimensione Suono, a Rai Stereo Uno, poi è arrivata L’Aradio Città Uno con Roberto Brandolini, Radio Centro Suono, Radio Radio, Radio Rock e RTL Roma”.
Ricordi la data del tuo inizio?
“Aprile del 1978”.
Com’è avvenuto l’approccio con il mondo radiofonico?
“Ero molto amico di Antonella Condorelli, la nota Regina della radiofonia e così un bel giorno ci vedemmo da Vanni a Roma dove incontrammo il suo collega di Radio Dimensione Suono, Mario Tagliaferri. Dopo aver scambiato due chiacchere, fui invitato il giorno dopo ad andare negli studi radiofonici. La cosa fu veloce, perché avendo la radio dentro, andai in onda quel giorno stesso”.
Per quanto tempo sei rimasto lì?
“Per otto anni ed è stato tutto molto emozionante. Ad un certo punto però mi stavano strette alcune scelte editoriali a livello di format e ho così deciso di chiudere un capitolo”.
Poi è arrivata la Rai.
“Fui chiamato da Molinari per Stereo Uno a condurre la notte del week end e a seguire tutte le altre esperienze”.
Hai sempre nutrito passione per la musica?
“Certamente, sempre avuta da bambino, sommerso com’ero, da una montagna di 45 giri casalinghi”.
Un conto però è amare la musica e l’altro è affrontare il microfono.
“Non ho mai avuto paura di buttarmi davanti ad un microfono, avevo timore solo della parte tecnica. Ho sempre amato il rapporto coinvolgente con il pubblico. Quando presentavo i pezzi, non sono mai stato didascalico sulla storia, ma il mio intento è sempre stato quello di far venire i brividi all’ascoltatore, magari prendendo spunto dal testo e facendolo riconoscere in qualche situazione vissuta. E’ la mia caratteristica”.
Hai seguito l’evoluzione della radio in questi ultimi anni?
“Sono sempre sul pezzo! Seguo tutto e sono informato anche se non sto al microfono”.
Sei d’accordo sul fatto che oggi esiste la radiovisione?
“No affatto. Sono della vecchia scuola e figlio dei Buggles (Video Killed the Radio Star). Per me la radio deve essere mistero, sogno, magia e immaginazione”.
Qual è il tuo tipo di radio?
“Attualmente mi piacerebbe fare una radio che abbia passato e presente. Non amo il vintage assoluto”.